La monografia Niccolò Tornioli un pittore tra caravaggismo e barocco, edita dalla Tau Editrice Todi, illustra la vita e la carriera di un artista senese che fu attivo, durante la prima metà del XVII secolo, principalmente nella città pontificia. Le fonti, ma soprattutto un numero abbastanza consistente di documenti, lettere, contratti di allogazione, testamento, inventario dei beni, testimonianze coeve o di poco posteriori alla morte hanno permesso di ricostruire una personalità tormentata, ricca di molteplici interessi, che spaziano dalla pittura, alla scultura, alla scienza, al teatro. Tornioli si rivela un uomo contraddittorio e fragile, aggressivo e ingenuo, alla spasmodica ricerca di fama, che riesce a conquistare con grandi sacrifici, ma che talvolta perde in un attimo a causa di atteggiamenti sconsiderati che lo metteranno nella condizione di dover interrompere, anche se solo temporaneamente, frequentazioni importanti. Le sue opere sono lo specchio di un’epoca tutt’altro che pacifica e del carattere inquieto del pittore: quelle giovanili riflettono la formazione tra Rustichino, Manetti, i richiami al Caravaggio e ai bolognesi, quelle della maturità la sua ansia, essendo popolate, a seconda dei casi, di folle o coppie di personaggi ambigui, i cui silenzi e sorrisi lasciano libera interpretazione al fruitore, che rimane stregato da quelle atmosfere misteriose e in qualche caso violente. I soggetti trattati, a parte i dipinti eseguiti per esigenze economiche e di mercato, sono rari in pittura e per questo le soluzioni trovate dall’artista si dimostrano decisamente originali e affascinanti.
Per la prima volta la complessa parabola artistica e umana del Tornioli viene ripercorsa per intero, dalla formazione a Siena, alla venuta a Roma, dove, grazie all’appoggio di Federico IV Borromeo e di Teodoro Amayeden, il pittore conoscerà committenti importanti come Maurizio di Savoia e Virgilio Spada, suo estimatore per eccellenza. E dopo aver stupito un pubblico attento con gli apparati effimeri realizzati in onore di Ferdinando III d’Asburgo, si proporrà spontaneamente e gratuitamente ai padri oratoriani di San Filippo Neri, per affrescare la volta dell’anticamera rossa del complesso vallicelliano. Da lui acquistano i Barberini, il cardinale Francesco Adriano Ceva, la marchesa Cristiana Duglioli Angelelli, Virgilio Spada lo accoglierà sotto la sua ala protettrice, presentandolo al fratello Bernardino, che comprerà ben sette dipinti, e al papa Innocenzo X Pamphilj, omaggiato con la prima versione del Caino e Abele. Virgilio, dal canto suo, oltre ad assicurarsi Gli Astronomi, considerato il capolavoro dell’artista, testimonianza della cultura scientifica del tempo, gli commissiona le pale d’altare per la chiesa di San Paolo a Bologna, attraverso le quali l’oratoriano intende raccontare, senza mai comparire esplicitamente, la sua conversione spirituale.
Tornioli assolve a numerosi incarichi privati e pubblici, tiene nel suo studio dipinti non finiti, che termina all’occorrenza, e altrettanti dedicati al soggetto più ricercato di sempre, la maternità di Maria, in attesa di possibili acquirenti. Si dedica con il fratello Giuliano, all’attività di copista dei grandi maestri del Cinquecento, di Correggio in particolare, fino a quando arriva l’occasione della sua vita, la realizzazione della decorazione musiva della cappella del Santissimo Sacramento per la basilica di San Pietro. L’artista, lusingato, si attiva immediatamente, ma viene sorpreso mentre dipinge sopra le tessere già poste in loco, forse perché voleva dare sfoggio della tecnica della pittura su marmo di cui si vantava di essere inventore. Ma la Reverenda Fabbrica lo licenzia in tronco insieme al collega Spadarino.
Malgrado l’increscioso episodio e la scomparsa del fratello, il quale, nonostante i gravi problemi con la giustizia, che avevano ostacolato l’ affermazione di Niccolò a Firenze, era comunque un suo fidato collaboratore, Tornioli continua a lavorare per committenti di altre località, come Siena o Amandola, o per ordini religiosi come le suore domenicane dei SS. Domenico e Sisto a Roma. L’oratoriano Virgilio, che pubblicamente prende le distanze dal senese, lo protegge ancora, arrivando a giustificarlo sia con i padri oratoriani, che lamentavano la lentezza dell’artista al quale, tuttavia, non versavano i compensi dovuti, sia con la Fabbrica di San Pietro, rea di non aver fornito tessere di qualità e di non rispettare i termini dei pagamenti, e commissionando al senese la decorazione per la tanto agognata cappella di famiglia nella chiesa di Santa Maria in Vallicella, destinata a restare allo stato progettuale per la sopraggiunta morte del pittore.
Il testamento e l’inventario dei beni dimostrano come Tornioli abbia tentato di ricompensare tutte le persone che lo avevano assistito durante la non meglio precisata malattia, che lo affliggeva negli ultimi tempi, e di riscattare i propri errori, affidando all’investimento sulla bonifica delle Paludi Pontine il futuro economico della moglie Cecilia Castelli e della figlia Francesca. Inoltre Niccolò si rivela un prolifico disegnatore, si conferma uno studioso di anatomia, ma anche un paesaggista ed un ritrattista dotato, probabilmente alla direzione di una bottega in cui erano impiegati collaboratori minori.
E sebbene almeno un documento lo ricordi con il titolo di cavaliere, Tornioli morì in povertà. Sarà il matrimonio della figlia con un Lamparelli a dare giustizia al suo operato, il nipote Carlo Maria proseguirà sulle orme del nonno, facendo tesoro di quei dipinti che erano rimasti alla famiglia. Con le altre opere verranno estinti i debiti e sarà saldato il legale Francesco Leopardi, che difende le eredi dell’artista nella causa contro gli eredi di Paolo Maruscelli per la faccenda dell’assegnazione delle terre bonificate dell’Agro Pontino.
La seconda parte del libro è costituita da un catalogo ragionato di opere conosciute ed inedite, rintracciate attraverso le aste ed i privati: di ciascuna è ricostruita la storia critica e collezionistica, viene analizzata l’evoluzione dello stile in relazione alla fonte letteraria, storica o religiosa che l’aveva ispirata, per tentare di decodificare il messaggio rivelatore del pensiero del suo autore e/o del committente. Lo stile di Tornioli, che ebbe il merito di sperimentare tecniche e supporti diversi, oscilla tra il naturalismo dei caravaggeschi, Gentileschi, Gramatica, Manfredi, Riminaldi, Saraceni, Spadarino, Valentin, Tournier, il classicismo di Domenichino, Sacchi, Schedoni, il barocco di Cortona, l’operato degli scultori Algardi, Bernini, Mochi, colleghi che contemporaneamente esercitano un influsso sulla sua pittura, ma che talvolta anticipa con soluzioni spesso originali.
L’ultima sezione del libro racchiude i documenti, le opere citate dalle fonti, ma non rintracciate, le ultime attribuzioni, la bibliografia e la sitografia.
La monografia sul Tornioli vuole essere un contributo per una più ampia conoscenza di un artista che già nella seconda metà del Seicento Francesco Borromini e il padre oratoriano Virgilio Spada ritenevano dovesse occupare un posto più importante nel panorama culturale del momento: la sfortuna e l’inavvedutezza lo hanno condannato a restare per troppo tempo in disparte, spesso confuso con altri autori, ricercato unicamente da collezionisti di nicchia. Forse oggi, grazie ad una maggiore conoscenza della sua attività, si può comprendere il credito e la stima di cui Niccolò Tornioli aveva goduto al suo tempo, e dimostrare come l’arte e le amicizie sincere possano riscattare un’esistenza segnata da glorie e insucessi, una personalità fragile, bisognosa di un appoggio morale, oltre che economico, per credere in se stessa e poter mettere a frutto il proprio talento.